"Non facciamo del bene" è un titolo volutamente provocatorio.
Non perché gli autori invitino a smettere per fare il bene, ma perché vogliono liberarci dall'idea che il lavoro sociale si esaurisca in un gesto caritatevole o tecnico.
Andrea Morniroli, cooperatore e formatore con lunga esperienza nel welfare, e Gea Scancarello, giornalista, propongono un viaggio dentro il mondo del sociale per smascherare le sue ambiguità e rilanciarne la dimensione politica.
Il libro parte da una domanda scomoda; il lavoro sociale oggi trasforma o si limita ad aggiustare le disuguaglianze che il sistema produce?
Secondo gli autori, il rischio è che il Terzo Settore, nato come spazio di innovazione e partecipazione, sia diventato troppo spesso un apparato che eroga servizi per conto dello Stato, perdendo voce critica e autonomia.
"Fare del bene" allora non basta: serve giustizia, prendere posizione, costruire comunità capaci di incidere sulle cause strutturali del disagio.
In poco più di cento pagine, Morniroli e Scancarello alternano analisi e testimonianze dirette, restituendo un affresco vivido di un settore in bilico tra passione civile e burocratizzazione.
Ne esce un testo che non consola, ma interroga: un invito a riscoprire il lavoro sociale come atto politico e collettivo, non come servizio neutro o semplice mestiere.
Le recensioni lo definiscono un "manifesto scomodo ma necessario".
"Non facciamo del bene" é, in definitiva, un testo breve ma denso, che chiede al lettore di fermarsi, riflettere e scegliere da che parte stare.
Un piccolo libro che lascia una grande domanda: Vogliamo continuare a gestire il disagio, o iniziare a cambiare le condizioni che lo producono?